Un nuovo spazio per la città

CARMELO CAPPELLO:
UN ITINERARIO URBANO

L’artista, trasferitosi a Milano sin dagli anni Trenta, guarda alla sua città natale – il mondo perduto dell’infanzia e dell’adolescenza – con la nostalgia dell’esule e l’orgoglio dell’emigrato. L’amore per Ragusa lo indurrà a donare alla cittadinanza, nel 1994, una raccolta di grafiche e sculture che arricchisce la città di Ragusa insieme alle sculture che arricchiscono le strade del centro cittadino. Partendo dalle opere ricollocate presso il Centro Commerciale Culturale di via Giacomo Matteotti si propone un “Itinerario urbano Carmelo Cappello” che, attraversando Piazza San Giovanni e piazza Matteotti, si concluderà nel prestigioso immobile di Palazzo Zacco.

Le tre opere ricollocate al CCC appartengono tutte a un periodo centrale dell’evoluzione creativa dell’artista, tra il 1956 e la metà degli anni Sessanta. In questo lungo decennio Cappello che, non dimentichiamolo, aveva esordito da autore figurativo, sulle orme di Martini e di Marini, dopo aver conosciuto l’opera di Henry Moore e aver compreso la possibilità di liberare la scultura dalla chiusa staticità della materia, si converte lentamente ma inesorabilmente – complice lo Spazialismo di Fontana – a una lucida astrazione. Nasce così una serie di opere che, nonostante la diversità delle forme, “denotano una sorprendente unità stilistica, ove la caratteristica ricorrente è data dal volume plastico totalmente sciolto in archi e linee sinuose” (Herta Wescher).

Nella prima, L’imbeccata (1958), la natura è indagata con spirito sognante nella sua compenetrazione continua di ali plananti e rami senza peso. L’autore ne registra i salti, le pulsazioni fisiche, i respiri interni, oggettivandoli in colate rugose e accidentate, irte di aculei e cosparse di fori che hanno fatto parlare la Wesher di “una corona di spine ricca di espressione animale”. In questa struttura agile e insieme imponente, evidentemente concepita per una collocazione esterna, “forme dinamiche si protendono nel vuoto, lo accerchiano con quei becchi spalancati che si nutrono d’aria, mentre in un punto retrostante sta una fragile griglia filiforme, precarietà di uno spazio che va disgregandosi” (Claudio Cerritelli).

Una visione più fredda, a cominciare dalla materia impiegata, il ferro anodizzato, e dalla finitura nera, si coglie in Ritmi di volume (1961). Come ha scritto Claudio Cerritelli, “le espansioni plastiche della superficie non esprimono più umori materici ma sono stabilizzate, unicamente mosse dai riflessi della luce ambientale, con incidenze atmosferiche giocate su naturali e inevitabili effetti chiaroscurali”. Messa da parte l’empatia con le creature, Cappello rivolge ora lo sguardo alle geometrie del volo: i suoi “ritmi” attraversano il cielo come rondini, o come le scie di fumo lasciate da un aereo; un aereo, s’intende, della pattuglia acrobatica, che si fa un punto d’onore nello sfidare le leggi della fisica lanciandosi in picchiata.

Se Ritmi di volume ricorda, vagamente, una girandola, Volo d’uccelli (1961) può rimandare a una panciuta inferriata barocca e ancor più a un cancello: la scultura, che da un lato va fissata alla parete, è infatti dotata di rotelle che consentono un moto di apertura e di chiusura. Il vero moto è però ancora quello delle rondini, così frequenti nelle primavere ragusane. Gli stilemi compositivi – le virgole, i triangoli a punta di freccia – si fanno sempre più essenziali: danzano, come note musicali, su una partitura percorsa da “tagli” – come non pensare a una versione scultorea dei tagli di Fontana? – che si estende, idealmente, all’infinito.

La prima, importante commissione ragusana di Cappello è il gruppo bronzeo col Battesimo di Cristo (1955), per il fonte battesimale della Cattedrale di San Giovanni. Poggiante su un piedritto tronco-conico in marmo rastremato verso il basso, su cui si stagliano le allegorie dei sette doni dello Spirito e le relative didascalie, già a partire dalla superficie scabra e frastagliata esso diffonde nella penombra della cappella un profumo di umiltà e di sommesso patetismo. Cristo – curvo, con gli occhi a terra e le braccia incrociate sul petto – è colto un istante prima che l’acqua lustrale, riversata da una ciotola, lo raggiunga per mano del Battista. Quest’ultimo lo sovrasta non solo per la posizione eminente, come del resto è normale, ma in altezza. Il Cristo di Cappello è decisamente basso: proprio come l’autore, che nel corpo e nel volto del Battezzato, secondo una tradizione viva sin dal Rinascimento, ha forse inteso ritrarsi come un “povero Cristo”.

 

Piazza Poste

A poca distanza dalla Cattedrale, discendendo lungo Corso Italia sino a Piazza Poste, ci si imbatte nella Fontana della Rinascita (1958). Reduce dalla XXIX Biennale di Venezia, dove ha vinto un premio speciale per l’arte sacra grazie a una Crocifissione fortemente stilizzata, Cappello attraversa un periodo di transizione tra la figurazione realistica e l’astrazione lineare, influenzata dallo Spazialismo di Lucio Fontana. L’opera rappresenta infatti un delfino guizzante, ma il vero protagonista del complesso è il fiotto che fuoriesce dal braccio inferiore e superiore del bronzo, suggerendo visivamente, mediante il liquido elemento, il balzo che il mammifero ha compiuto, o si appresta a compiere, inarcandosi sull’acqua (per una suggestione analoga, su un piano orizzontale, si pensi alle curve luminose del neon creato da Fontana per la IX Triennale di Milano del 1951).

Di fronte l’ingresso del Palazzo del Comune, datato sempre al 1958, campeggia un rilievo bronzeo dedicato alla città. Come nelle pitture murarie di Duilio Cambellotti dell’attigua Prefettura o di Salvatore Ferma nella Sala Borsa “Pippo Tumino” della Camera di Commercio, Ragusa vi figura nella sua duplice natura di paese agricolo e di distretto industriale. Il rilievo può anche leggersi, da sinistra verso destra, come un sunto della storia cittadina, iniziando con Ibla, l’antico centro urbano, di cui si scorge il portale gotico del distrutto Duomo di San Giorgio, e proseguendo, al centro, con una strada curvilinea che conduce a un secondo portale, sempre gotico, conservato all’interno della Chiesa di Santa Maria delle Scale, nei pressi della quale si trovava la casa natale dell’artista, ai confini tra il vecchio insediamento e Ragusa superiore. Sarebbe tuttavia un errore vincolare il rilievo a una precisa scansione: passato e presente, alto e basso, alberi e pozzi di petrolio vi si alternano infatti senza un ordine preciso lungo linee di forza inclinate e rimarcate dai vuoti retrostanti – spicca, in particolare, un ponte ad arcate al centro del fregio, ideale trait d’union – secondo un’articolazione plastica che, se non fosse per i motivi sinusoidali ricorrenti, potrebbe ricordare l’intelaiatura “terremotata” della Guernica picassiana. Non mancano infine spunti “araldici”: lo stemma cittadino con l’aquila dalle ali spiegate da una parte, una tiara e un pastorale dall’altra, probabile omaggio all’erezione di Ragusa a provincia nel 1927 e a diocesi nel 1950.

Testi redatti dallo storico dell’arte Andrea Guastella

L’itinerario proseguirà con un’ultima tappa quando sarà ultimata la rimusealizzazione di Palazzo Zacco